domenica 31 maggio 2015

Parti divini - Figli del fuoco




FUOCO, DEMONI E PLURIMADRI
Una particolarità dei miti indù dell’epoca Vedica è la caratteristica, insolita per noi, per la quale anche i demoni Daitya (figli di Diti e del saggio Kashyapa [1]) potevano attraverso le penitenze e rinunce prendere forza da Brahma, il Creatore. In questo modo quindi diventare perfino più potenti dei Deva, gli dei che potremmo sommariamente vedere come corrispondenti agli Olimpi greci.
Più volte i Deva si trovarono quindi in condizioni di “inferiorità” nel potere e furono costretti a cedere parte della loro forza a uno di loro o a generare un figlio in grado di sconfiggere questi avversari.

Uno di questi episodi riguarda Skanda, il dio della guerra dell’epoca vedica e poi puranica: si dice che gli dei Indù fossero preoccupati per il potere che stava assumendo il demone Taraka, uno dei Daitya. Così, prevedendo la minaccia, inviarono Agni, il dio del fuoco, presso Rudra il Rosso (il dio vedico che poi sarebbe confluito nella complessa figura di Shiva).
Il bellicoso dio era però appartato e intento nelle pratiche amorose con la consorte Parvati: disturbato, eiaculò sul dio del fuoco. Ma il suo seme era talmente potente che Agni non potè tollerarlo e lo versò nel Gange: così prese vita Skanda, etimologicamente lo “zampillante”, concepito solo dal padre. Egli fu affidato alle sei divinità delle Pleiadi, chiamate le Krittika: così il giovane fu anche noto col nome [2] di Kartikeya, il figlio delle Krittika.
In onore delle sue sei protettrici, egli ebbe sei teste (da cui il soprannome Dvadasaksha, “il dio dai dodici occhi”) e sei o dodici braccia (da cui il soprannome Dvadasakara, “il dio dalle dodici mani”).
Con la sua forza, che si dice fosse pari a quella di Indra, si armò di lancia, prese le corone degli dei maggiori e a cavallo del pavone Paravani sconfisse il demone.

Perché è così interessante questo dio?
Innanzitutto il suo legame tra il fuoco e la sua nascita ci porta alla mente altri miti di popoli indoeuropei lontani dall’India.
In particolare la sua nascita dal seme del dio che ricade nel fuoco può trovare alcuni agganci con il prodigioso cocepimento di Erittonio, re di Atene. Si dice che Atena si recò da Efesto, il dio fabbro dell’Olimpo (ma anche legato al fuoco, come si racconta nell’Iliade quando inviò delle fiamme a salvare Achille dalla furia delle acque dello Scamandro): ma questi, preso dal desiderio sessuale, la aggredì. La dea resistette e rimase vergine, e il seme di Efesto le cadde sulla gamba. Indignata, la dea si pulì con un batuffolo di lana, che poi gettò a terra; ma il seme del dio era talmente vigoroso, che quanto era rimasto sul batuffolo ingravidò Gea, la Madre Terra, che generò Erittonio, dalle gambe di serpente.

Un’altra nascita mitica legata al fuoco è una variante, raccontata da Dionigi di Alicarnasso, sulla nascita di Servio Tullio, futuro re di Roma: si dice che Ocrisia di Corniculum era stata presa come schiava di guerra e servisse presso il focolare della casa di Tarquinio Prisco, re etrusco dell’Urbe. Ma il dio del fuoco un giorno decise di concepire un eroe: dal fuoco balzò fuori un fallo! Al membro divino fu offerta la giovane Ocrisia, che ne fu ingravidata e nove mesi dopo nacque Servio, che fu allevato dalla famiglia reale, memore del prodigio.

Una nascita da madri multiple simile a quella di Skanda, e allo stesso modo legata al fuoco, la ritroviamo invece al nord: tra i vichinghi si narrava, infatti, che Heimdallr il Bianco, il guardiano del ponte d’arcobaleno Bifrost, fosse stato concepito dalle nove figlie di Aegir, le onde del mare. Sebbene lo si ricordi come il Guardiano di Asgard, Heimdallr è probabilmente un dio del fuoco, benché sia nato dalle acque: anche Agni si dice che sia nato dal mare e ha, come il dio norreno, come simbolo l’Ariete, un segno zodiacale di Fuoco.
E la sua stessa fine nel Ragnarokkr lo caratterizza in questo modo: Heimdallr il Bianco affronterà Loki, il fuoco nella sua versione distruttrice e dannosa [3], e le due fiamme si consumeranno reciprocamente.

[1] a volte i Daitya sono confusi con gli Asura, altri nemici degli dei; volendo fare un paragone con il pantheon greco, sono simili nel loro ruolo ai Giganti.
[2] come tante divinità indù, anche Skanda\Kartikeya ha tanti nomi: egli è Kumara (“il forte ragazzo”), Mahasena (“il gran condottiero (degli dei)”), Sarabhu (“il nato dalla macchia”), Rijukaya (“dalla fortissima corporatura”), Gangaputra (“figlio del Gange”) e così via.
[3] Il supplizio di Loki, legato fino al Ragnarokkr a una roccia per aver osato sfidare gli dei, è collegato a quello di un altro portatore di fuoco: Prometeo. Per il veleno dei serpenti che gli cola sul viso, Loki si scuote e questo movimento provoca i terremoti: allo stesso modo il gigante Encelado è stato imprigionato sotto l’Etna, e quando si scuote la terra trema.

NB: le immagini sono prese dal web, non mi appartengono e sono qui poste a corredo dell'articolo. Questo blog è senza fini di lucro.

domenica 3 maggio 2015

Citazioni Citabili - Eros e Psiche e Alda Merini


 

Luce 
di Alda Merini
(a G.S.)
Chi ti descriverà, luce divina 
che procedi immutata e immutabile
dal mio sguardo redento? 
Io no: perché l’essenza del possesso 
di te è "segreto" eterno e inafferrabile; 
io no perché col solo nominarti 
ti nego e ti smarrisco; 
tu, strana verità che mi richiami 
il vagheggiato tono del mio essere. 

Beata somiglianza,  
beatissimo insistere sul giuoco  
semplice e affascinante e misterioso
d'essere in due e diverse eppure tanto 
somiglianti; ma in questo 
è la chiave incredibile e fatale 
del nostro "poter essere" e la mente 
che ti raggiunge ove si domandasse 
perché non ti rapisce all’Universo 
per innalzare meglio il proprio corpo, 
immantinente ti dissolverebbe. 

Si ripete per me l’antica fiaba 
d’Amore e Psiche in questo possederci 
in modo tanto tenebrosamente 
luminoso, ma, Dea, 
non sia mai che io levi nella notte 
della mia vita la lanterna vile 
per misurarti con i presentimenti
emananti dai fiori e da ogni grazia. 

22 dicembre 1949 

Tratto da Poetesse del Novecento, in Fiore di Poesia, a cura di M. Corti, Einaudi 2014, ET Poesia per cui si veda QUI

NB: l'immagine e soprattutto il testo non mi appartengono e sono qui riprodotti non per violare il diritto d'autore (vi invito anzi ad acquistare il testo indicato), ma in omaggio alla poetessa e nel quadro di un'analisi della sopravvivenza delle suggestioni del mito negli autori moderni. Questo blog, ad ogni buon conto, è senza fini di lucro.