venerdì 31 maggio 2013

I Sette a Tebe 6 - Anfiarao


Anfiarao, il saggio indovino, contro le porte Omolee.
Ad affrontarlo il prode Lastene.
Anfiarao non entrò a Tebe: la terra si aprì davanti a lui


Del sesto eroe ora dirò: tutto saggezza,
profeta di sommo valore, Anfiarào,
è schiarato alle porte Omolèe.
Scaglia aspre ingiurie contro Tideo: lo chiama
omicida, sconvolgitore della città,
maestro supremo di sciagure in Argo,
araldo delle Erinni, sacerdote
dello sterminio, autore del malvagio consiglio
che mosse Adrasto. Alzando gli occhi al cielo,
biasima anche Polinice, tuo fratello,
smembrando in due parti il suo nome;
e tali parole gli escono dalle labbra:
«Oh che bella impresa, gradita agli Dei
e bella da udire, e da narrare ai posteri:
mettere a sacco la città natale,
e gli dei della Patria, e sopra di lei scagliare
un'orda straniera! E chi potrà
inaridire con buon diritto la fonte
della madre? La terra patria
presa a forza con le lance, come
speri di averla poi amica? Io queste zolle
ingrasserò: andrò nascosto sotto la terra ostile
io, il profeta. Ora si combatta:
io spero che il mio destino non sia senza onore».
Ciò diceva il profeta. Reggeva uno scudo di bronzo
tondo e senza alcune insegna:
perché non vuole sembrare prode, ma esserlo.
E coglie i frutti del pensiero
in un profondo solco,
dal quale i saggi consigli hanno germoglio. Contro questo uomo invia,
credimi, antagonisti forti e saggi:
perché è assai possente
l'uomo che venera gli dei.
(dai Sette a Tebe di Eschilo, mio adattamento)

Una notula
Anfiarao, secondo la leggenda, provocò la morte di Tideo, alleato nell'esercito ma suo nemico perché lo aveva condannato alla rovina.
Si dice, infatti, che grazie alla sua arte proferica Anfiarao sapesse che la spedizione dei Sette sarebbe finita in un disastro. Così respinse l'offerta del cognato Adrasto di partecipare alla spedizione; ma in altri tempi aveva giurato che qualora fosse stato in disaccordo con Adrasto, sua moglie Erifile avrebbe fatto da arbitro inappellabile. E Tideo convinse Polinice a corrompere Erifile con la Collana di Armonia.
Così Anfiarao fu costretto ad andare in guerra.

Quando la rovina dei Sette apparve inevitabile, Anfiarao vide che Tideo era stato colpito a morte da Melanippo; ma Atena, che proteggeva Tideo come avrebbe protetto Diomede, di lui figlio, accorse: portava all'eroe una pozione che lo avrebbe salvato.
Anfiarao non potè sopportare che Tideo vivesse, e si lanciò su Melanippo: lo decapitò e lanciò il cranio a Tideo. Questi ne divorò il cervello, e Atena si disgustò, abbandonando Tideo alla morte.

Ma il profeta non scampò alla sua sorte: Periclimeno, figlio di Poseidone lo inseguì implacabile. Anfiarao invocò Zeus ed Apollo: la terra si aprì davanti al suo carro.
Da allora Anfiarao fu l'immagine che appariva in sogno a chi lo invocava nell'oraclo di Oropos; o forse già fin da quel tempo si trova là dove Dante lo incontrò: all'Inferno, nella Quarta Bolgia dell'Ottavo Cerchio. Tra gli indovini.

PS: le immagini non sono mie! Questo blog non ha fini di lucro

domenica 26 maggio 2013

Suoni degli dei


Paul Horn ha composto questa musica accordando inizialmente il suo flauto sui 440 Hz (il suono emesso dal sarcofago nella Camera del Re della Grande Piramide). Poi, da buon polistrumentista suonò vari strumenti (e, in questo caso, voci) improvvisando.
Rimase colpito dalla qualità riverberante della Camera e dalla sua capacità di produrre un insieme di note armoniche.



A. F. Alford (Pyramid of Secrets, Eridu Books, 2003) sostiene che la Camera del Re fu concepita (anche) per riprodurre il suono della Creazione.

giovedì 23 maggio 2013

I Sette a Tebe 5 - Partenopeo


Partenopeo, figlio di Atalanta, contro la porta di Borea.
Lo affronterà Attore, uomo schivo di vuote vanterie.
Ma la sua mano sa quel che deve fare, e Tebe resisterà.


Ora ti parlo del quinto,
che ha schierato le sue truppe alla porta di Borea,
vicino alla tomba del figlio di Zeus, Anfíone.
Giura per la sua lancia, in cui confida, e che onora piú del Dio, e piú delle sue pupille,
che distruggerà la rocca dei Cadmei,
a dispetto di Zeus. Cosí grida
questo germoglio di una madre venuta dai monti,
uomo e fanciullo, viso di fanciullo, e appena
sulle sue gote cresce la lanugine:
germina fitta, perché il sevo dell'età la spinge. Il suo nome è da ragazza; ma egli,
con animo crudele, truce sguardo, sta
contro la porta, e non è immune da vanterie.
Sopra lo scudo rotondo, bronzea
difesa del corpo, agita l'infamia di Tebe, la carnivora Sfinge,
inchiavardata in saldi chiodi,
lucida figura impressa a sbalzo;
e fra gli artigli serra
un uomo di Tebe, perché su lui le frecce
piombino più fitte.
E non farà un piccolo mercato della guerra,
e non vorrà aver percorso invano una così lunga strada,
Partenopeo d'Arcadia. E' ospite della città d'Argo,
e farà pagare un lauto scotto: scaglia minacce contro di noi.
Oh Dei! Fate che non s'avverino!
(Da I Sette a Tebe di Eschilo, mia riduzione e adattamento)

Notula
L'Arcade Partenopeo era figlio di Atalanta e Ippomene (o Melanione), per i quali vedi QUI le strane circostanze di nozze alla frutta (ma non con fichi secchi).
Ospite del re di Argo, partecipa alla guerra, unico dei capi a non venire dall'Argolide o a non essere genero di Adrasto.


NB: L'immagine non mi appartiene, questo blog non ha fini di lucro

lunedì 20 maggio 2013

I sette a Tebe 4 - IPPOMEDONTE


Ippomedonte, contro la porta di Atena Oncade.
Ma contro di lui si staglia Iperbio.
Sul suo scudo vi è Zeus, e Tebe resisterà a Tifone
Con alte urla, il quarto sta alle vicine porte
di Atena Onca: è immensa la mole
e la figura di Ippomedonte. Mi ha invaso
un brivido, non lo posso negare, quando
lo vidi roteare il cerchio dello scudo,
simile ad aia gigante. Né fu da poco
l' artefice che dipinse l'insegna dello scudo.
Tifone, con alito di fiamma, dalla bocca
scaglia nera fuliggine, sorella
volubile del fuoco; e tutt'intorno,
il cuoio della concava sfera è orlato
con grovigli di serpi. Alto egli levava
l'urlo di guerra: si lanciava alla lotta, pieno
di Ares, come una Tiade furente, una Baccante:
gli occhi ispiravano terrore.
(Riduzione ed adattamento da Eschilo, I Sette a Rebe)

NB: Immagini e testo (salvo l'adattamento) non sono miei. Questo Blog non ha fini di lucro

giovedì 16 maggio 2013

I sette a Tebe 3 - Etèoclo


 Etèoclo, contro la porta Nistea.
Contro di lui Megarèo, figlio di Creonte, seme degli Sparti.
Lui non lascerà la porta, o pagherà, morendo, il suo tributo alla patria.
    
   ... Etèoclo come terzo
balzò fuor dal ricurvo elmo di bronzo,
a vuol condurre le schiere alle porte Nistèe.
Agita in giro cavalle, che s'impennano
sotto i frontali, desiderose di piombare
contro le mura; e con melodia barbara
le musoliere sibilano, piene
del soffio delle narici e del fragore.
Né lo scudo è fregiato da una immagine umile.
Un oplita sale i gradini della scala,
contro la torre dei nemici, e vuole abbatterla,
ed anch'egli grida, con intrichi
di lettere, che giú da quella torre
neppure Ares può rovesciarlo.
da "I sette a Tebe", Eschilo (mio adattamento)


Una notula...
L'Etèoclo (o Etèocle) di cui si parla in questo luogo non è il fratello di Polinice, che anzi è il capo dei Tebani che resistono ai Sette.
Se il numero dei Sette Capi è costante, non lo è il nome.
Più spesso, invece che questo Etèocle Argivo, si nomina Adrasto, re di Argo, che Eschilo preferisce "tenere sullo sfondo" e non inserisce nell'elenco degli attaccanti.




NB: l'immagine non è mia, questo sito non ha fini di lucro.