mercoledì 17 ottobre 2012

Citazioni citabili - Interpretazioni (anche) del mito



"Questa è una finzione non una bugia" 
(A. Moore, cit. in DeZ Vylenz, L'infinito in un granello di sabbia, in Watchmen 20'anni dopo, Lavieri, a cura di Smoky Man, II)

Immagine dal web

lunedì 8 ottobre 2012

Parti maschili - Il figlio del dio chiamato CavallA! Parte 2

Cavalli, navi e città vichinghe (e qualche dio)
su una stele del Nord

Riassunto della puntata precedente: QUI abbiamo raccontato di come gli Aesir, gli dei del Nord, fecero un patto con un muratore: questi avrebbe costruito le mura di Asgard, la cittadella divina, in una stagione. Se ci fosse riuscito, in cambio gli dei lo avrebbero pagato con la mano della bellissima dea Freya e con il Sole e la Luna.
Su insistenza di Loki gli dei accettarono, convinti che l'impresa sarebbe stata impossibile, ma presto si resero conto che, con l'aiuto del suo cavallo Svadilfari, il muratore avrebbe rispettato i patti.
Gli dei erano all'impasse, e solo Loki, colui che li aveva persuasi a giurare di rispettare il contratto con il muratore, poteva tirarli fuori dai guai.

Agli dei norreni piaceva giocare a scacchi.
Lo hanno fatto fino ad epoche recenti...
Possiamo immaginare che le mura della Sala degli Scacchi Dorati tremarono quando Odino lanciò il suo urlo più terribile per convocare Loki.
Il dio degli Inganni aveva persuaso gli dei ad accettare il patto col muratore (disse Odino), ora rimediasse prima che la faccenda si tramutasse in una catastrofe!
Gli Aesir erano vincolati dal giuramento e non potevano farci nulla... a meno che il muratore non fosse venuto meno per primo alla sua parola.
Insomma: Loki aveva fatto il guaio, Loki rimediasse. In fretta. In qualsiasi modo.
E niente storie.

Loki forse si grattò la testa perplesso: non solo un mondo senza Sole e senza Luna (e senza la bellezza di Freya) sarebbe stato triste, non solo Odino gli avrebbe dato una punizione quale appenderlo sul Vuoto a un ramo del Frassino del Mondo... ma era in gioco la reputazione del Figlio di Laufey!
Mai avrebbe sospettato che quel muratore potesse ingannare lui, il Dio dell'Inganno! E che potesse ridere di Loki quando solo Loki poteva sbeffeggiare tutti impunemente.
Pensa e ripensa, Loki capì che il vero lavoro pesante non lo faceva il muratore, bensì il cavallo. Senza la bestia, come avrebbe potuto il muratore trasportare i massi?
Ma come sottrarre il cavallo al suo padrone?

La dea Freya sul suo grazioso carro
trainato da gatti (!)
L'alba del quinto giorno prima dell'Estate si aprì con i pianti di Freya e l'angoscia degli Aesir: per completare le mura di Asgard ormai mancava solo l'architrave della porta. E l'instancabile Svadilfari stava trascinando inesorabilmente lungo la pianura l'enorme roccia destinata allo scopo...
Poi tutti videro il cavallo fermarsi e drizzare le orecchie, annusare il vento, agitarsi e puntare il suo muso verso una collina, sordo agli incitamenti del padrone. E sul crinale della collina si stagliava l'oggetto dell'attenzione dello stallone: una bellissima puledra lo stava attirando con i suoi richiami... e il suo odore.
Lo stallone fremette di desiderio. Il muratore cercò di sferzarlo e di incitarlo, ma Svadilfari strappò redini e finimenti e si lanciò al galoppo verso la giumenta. Ma questa fuggì rapida come il vento, e il cavallo la inseguì bramoso.
Dietro di loro correva a perdifiato il Gigante, stramaledicendo la natura e l'istinto della bestia che stavano togliendo al suo padrone il trionfo così vicino.

Per quattro giorni non si vide più nessuno sulla pianura: i corvi di Odino riferivano che il muratore stava ancora inseguendo il suo stallone, che a sua volta cercava di raggiungere l'inafferrabile puledra.
Gli dei risero per quella caccia senza fine, e tirarono un sospiro di sollievo.

Ma all'alba dell'ultimo giorno prima dell'Estate, l'ultimo a disposizione del muratore per completare in tempo la sua opera, gli dei saliti sulle mura per festeggiare persero il sorriso e la parola.
Perché davanti a loro c'era il feroce muratore che aveva ripreso il suo animale.
Un momento rubato a un grande amore equino...


Panico.
E nuove lacrime di Freya.

Certo, a guardar bene Svadilfari era ormai solo l'immagine smunta dello splendido animale che era stato. Magro, consumato, tremante.
Il muratore lo aveva attaccato all'ultima pietra, e ora lo stava frustando ferocemente. Gli dei facevano il tifo contro il cavallo, e chissà che non abbiano lanciato una di quelle maledizioni nordiche modello Nibelunghi che provocavano solo distruzioni.
La povera bestia gemeva sotto la frusta, fece un ultimo sforzo...

E stramazzò.

Stramazzò peggio del cavallo che per Montale sarà il corrispettivo oggettivo del male di vivere (e qui ci siamo giocati la citazione dotta).

Urla di gioia degli Aesir sulle mura, urla di rabbia del muratore. Che, ormai certo di non poter completare l'opera, si imbestialì, perse ogni prudenza e ritegno, e assunse una gigantesca forma minacciosa.
Trucco scoperto. Il muratore non era un dio, né un uomo, e neppure un nano troppo cresciuto. Era un bellicoso Gigante, uno dei nemici giurati degli Asgardiani.
Il Gigante era furioso: gli dei lo avevano ingannato in qualche modo, ne era certo. Era a causa loro che Svadilfari era fuggito e si era ridotto a una condizione tale da morire appena rimesso al lavoro.
Il Gigante puntò minaccioso sulle mura che lui stesso aveva costruito, deciso a prendersi Freya con le cattive, visto che con le buone non si era concluso nulla.

Odino, che non aveva un occhio, ma compensava con una bella dose di ipocrisia, di fronte all'attacco frontale del Gigante, si sentì libero da ogni giuramento.
Chiamò forte il figlio Thor: questi sentì il richiamo del padre, gettò uno sguardo verso Asgard e vide un Gigante davanti alle mura.
Le mura? Ohibò, non c'erano quando era partito... ma Thor era un tipo dalle poche domande e dalla molta azione (insomma: un Elvis Presley ante litteram, con più barba). E siccome in lui al fulmine seguìa il baleno (oggi le citazioni dotte quasi si regalano), il Dio del Tuono lanciò il suo potente martello Mjolnir e fracassò in un istante la testa del povero Gigante Muratore.
Così gli dei ebbero le loro mura e non pagarono nulla.

I più attenti dei nostri quarantadue lettori (ebbasta con Manzoni!) protesteranno che il post non era dedicato specificamente alle mura di Asgard.
Doveva parlare di Loki e della sua gravidanza, giusto?
Ci stiamo arrivando.

Pochi dei si chiesero come il Gigante fosse riuscito a riprendersi il cavallo. I pochi che lo fecero, probabilmente si dissero che certamente, l'animale che era fuggito così a lungo doveva essersi fermato da qualche parte, si era distratto abbastanza da lasciar avvicinare il padrone, e dopo quei frangenti era ormai talmente sfatto da farsi catturare solo per morire la mattina seguente.
Loki in una delle sue ultime incarnazioni...

E qualcuno si chiese che fine avesse fatto Loki.
Perché dietro l'apparizione della giumenta tentatrice (e salvatrice degli Aesir e della luce nel mondo), tutti erano sicuri che ci fosse lo zampino di Loki.

C'era stato lo zoccolo di Loki, a dire la verità.
Il dio ingannatore tornò a casa sua e, pensiamo, cercò di non vedere nessuno. La fedele moglie Sygyn lo accudì come era destinata a fare in futuro, ma alla fine possiamo immaginare che una delegazione di Aesir andò a casa di Loki per ringraziarlo. In fondo, se Asgard aveva avuto le sue mura senza sborsare nulla era merito suo.
E trovarono Loki a letto.
E quasi morirono dalle ristate.
Perché Loki era leggermente indisposto: aveva un enorme pancione da donna gravida.

Eh, sì, col pancione. Perché la puledra che aveva attratto irresistibilmente Svadilfari era proprio Loki trasformato. Ed era stato lui a sfuggire allo stallone per tre giorni, sfiancandolo in interminabili corse.
Solo che alla fine, Loki si era stancato prima di Svadilfari. Che lo aveva raggiunto. E aveva messo le sue ultime forze in uno sfrenato amplesso, che lo aveva spossato al punto che il Gigante Muratore aveva potuto riprenderlo e riaggiogarlo.
Chissà se Svadilfari morì sì di esaurimento, ma tutto sommato felice.

Loki era dunque rimasto incinto. Perchè gli dei norreni, quando si trasformavano, non facevano le cose a metà. Per quei tre giorni (e per quella fatale notte) Loki era, a tutti gli effetti, una cavalla.
E, giunto il momento, partorì.
Un puledro.

Ovviamente non si trattava di un puledro normale. Figlio di un dio divenuto cavalla e di uno stallone fortissimo, il cavallino aveva otto zampe ed era veloce come il vento.
Questo Varenne del Nord fu chiamato Sleipnir, crebbe e divenne la fedele cavalcatura di Odino, e lo condusse in tutte le sue imprese, fino al fondo della gola di Fenrir il lupo, suo fratellastro.
Che ci volete fare? Tranne Sleipnir, i figli di Loki non erano animali a modo.
Avevano preso dal padre.

Se a qualcuno la storia sembra assurda, perfino per essere una storia degli dei, non se la prenda con me: racconto solo ciò che so, così come venne cantato.



Alcune piccole note
Esiste anche un gruppo tedesco chiamato Sleipnir (la canzone sopra è di quei metalpagani del Manowar).
Ma gli abbinamenti delle immagini suggeriscono che si rifacciano a qualche branca del novecentesco Culto di Odino che preferiremmo non propagandare mai.

Come negli altri post, le immagini e i video non sono miei! Li ho trovati su Internet! Sono qui a semplice corredo di qualcosa che, invece, ho scritto io.

venerdì 5 ottobre 2012

Parti maschili - Il figlio del dio chiamato CavallA! 1


Abbiamo iniziato QUI e continuato QUI la narrazione di come Zeus Padre... sia stato in due casi Zeus ***Madre***! Ovvero, benché fosse rimasto il maschio più virile dei tre mondi, il dio del Cielo Luminoso poté partorire, sebbene in modi abbastanza singolari.

Oggi racconteremo di come un dio (maschio) si tramutò in animale (femmina). Di come fu ingravidato (!) e di come partorì. E non si tratta di uno degli dei creatori per eccellenza, anzi... 

Loki in un antica lapide
Di Loki (altresì detto Loprt) si narrano tante nefandezze e tante imprese.
Figlio di Laufey e del Fulmine Globulare, di lui si dice che fosse infido come il fuoco distruttore. Si dice anche che avesse una lingua tagliente, che fosse sfacciato, crudele, un travestito per necessità, uno spergiuro, un assassino e un istigatore all'assassinio.
Si sa che procurava guai, ma che sapeva risolverli quando gli Aesir, gli dei Norreni, non erano in grado di uscirne.
Loki era il padre di Hela, la Signora della Morte, di Fenrir, il Lupo del Destino, e di Jormungandr, il Serpente del Mondo: progenie nefasta per gli dei.
E fu padre di Nari e Vani, sfortunati figli destinati a un crudele fato.

Gli scaldi nordici narrano anche di come Loki fu non il padre, ma la madre di... beh, seguiteci e lo scoprirete, perché la storia è singolare.

Ecco come andarono le cose.

Asgard secondo un illustratore recente;
in primo piano Bifrost, il Ponte dellìArcobaleno
Come in tutte le saghe il primo passo da fare è un passo indietro.
La dimora degli dei, Asgard, aveva bisogno di mura. La guerra tra le due famiglie divine di Aesir e Vanir era stata perniciosa, ma era stata risolta con lo scambio di ostaggi: i danni della guerra erano però evidenti.
E nella mente di Odino c'era sempre la visione del Ragnarokkr, la battaglia finale tra le forze degli dei e quella dei nemici. Orde di avversari mostruosi che si scatenavano contro le dorate dimore degli dei, giganti del Gelo e del Fuoco, schiere di morti malvagi...

Basta. Asgard doveva giustificare il suo nome, e diventare un vero e proprio “recinto” (-gard) degli Aesir, circondato da mura.
C'era un piccolo problema: dove trovare i bastioni adatti a respingere tali nemici?
Midgard, il “Recinto di Mezzo”, il Mondo degli Uomini, era circondato dalle ciglia di Ymir Padre-Dei-Giganti, che formavano alte mura. Ma dove trovare qualcosa di simile?

Mentre Thor, l'ammazza-giganti, era altrove impegnato nel suo “Ragnarokkr preventivo”, ovvero a caccia di mostri, o magari alla battuta di pesca al Serpente del Mondo, alla porta di Odino giunse un tipo robusto, di professione muratore.
Il “Maestro del Muro” aveva saputo delle esigenze degli dei, disse, ed era qui a proporre un “preventivo”: si offriva di costruire lui i bastioni di Asgard. Li avrebbe fatti a regola d'arte, disse, mura talmente possenti da respingere i Giganti del Ghiaccio.
E l'avrebbe fatto in sole tre stagioni.
E da solo, senza apprendisti o compagni di muratoria.
Il prezzo, poi, era modico: solo il Sole, la Luna... e naturalmente la bellissima Freya, la dea dell'Amore come sposa.
Se avesse fallito... beh, gli Aesir si tenessero pure ciò che avrebbe fatto fino a quel punto.
Gratis.

Gli dei si indignarono: il prezzo era esorbitante. Loki propose di farlo lavorare e poi di farlo fuori e non pagare. Gli Aesir rifiutarono una vigliaccata così grossa.
Ma avevano bisogno di mura, ed erano piuttosto avidi: l'idea di non pagare per anche parte dell'opera non sembrò loro così sgradita...

Loki tornò alla carica e insisté perché accettassero.
Se proprio non potevano rinunciare all'opera del muratore (altri preventivi non si vedevano, l'opera era persino più imponente del Ponte sullo Stretto del Sjaelland!), che lo mettessero nelle condizioni di non poter rispettare i patti, e tenersi ciò che avrebbe fatto.
Gli dei del Nord erano piuttosto formalisti. Non esperti di cavilli, certo, ma se il cavillo si poteva trovare e ci si poteva guadagnare...
Che Loki spiegasse bene cosa intendeva!

E il subdolo dio (mezzo gigante, a dire il vero) suggerì che il tempo a disposizione del muratore fosse ridotto a una sola stagione. Se avesse ritardato anche solo di un giorno, come promesso dal muratore, tutta l'opera compiuta sarebbe rimasta agli dei, e l'artigiano se ne sarebbe dovuto andare senza alcuna paga.

Loki in una interpretazione moderna
Ah, Loki!
Questo Nelson dei Simpson scandinavo non si sarebbe mai perso l'occasione di prendere crudelmente in giro il muratore allo scadere del periodo, quando l'artigiano si sarebbe reso conto di aver lavorato per nulla!
Gli dei forse si guardarono un po' istupiditi (succedeva sempre quando Loki iniziava a “intortarli”). Tyr, il dio della giustizia, come al solito si oppose al tranello, Heimdall, il Guardiano del Ponte dell'Arcobaleno propose come al solito di staccare la testa a Loki, poi tutti si bevvero una birra, e qualcuno iniziò a ridacchiare. Una sola stagione per fare le mura di Asgard! Assurdo.
Un'opera immane, un muratore da solo... Lavoro gratis...
Loki, forse, aveva avuto una buona idea!

E così Odino fece la controproposta: se il muratore avesse compiuto il lavoro da solo ed entro l'Estate, avrebbe avuto la mercede richiesta.
Toccò al muratore grattarsi la testa: i tempi di costruzione erano stati radicalmente ridotti. L'idea di una proroga e di una variante modello Autostrada Salerno-Reggio Calabria non faceva parte della mentalità di questi dei nordici.
Così chiese una sola cosa: di potersi aiutare con un suo cavallo. E che gli dei giurassero di mantenere i patti su ciò che avevano di più sacro.
E Loki insisté che glielo si concedesse: si desse pure allo sciocco artigiano l'illusione di potercela fare...
Odino accettò, tutti giurarono con leggerezza e allegria, probabilmente tutti si versarono un bel po' di birra e idromele, e il giorno dopo gli dei si alzarono a vedere l'inizio dei lavori.

Le facce sorridenti e beffarde di Loki e degli dei durarono poco.
Svadilfari e il muratore
Il muratore aveva iniziato di buon mattino il suo lavoro, e presto gli Aesir si resero conto che l'artigiano era più veloce di quanto avrebbero mai potuto sospettare. Tagliava massi enormi e li metteva al loro posto con una rapidità soprannaturale.
Il vero segreto del suo lavoro, però, era il suo cavallo Svadilfari: robustissimo, fortissimo, instancabile. Trascinava apparentemente senza sforzo gli enormi massi per tutta la distanza tra le montagne e Asgard. E appena il suo padrone li aveva messi a posto sul muro che si alzava, il destriero era pronto a ricominciare la sua fatica.

Pochi giorni e nessuno più sorrideva nelle case ricoperte d'oro. Le mura salivano giorno per giorno, e un paio di calcoli fecero capire che il muratore avrebbe completato l'opera ben prima dell'Estate.
Quanto a Freya, i suoi bellissimi occhi erano pieni di lacrime: per lei, l'idea di un matrimonio con un rozzo artigiano era semplicemente inconcepibile!

Gli dei si guardarono in faccia: chi aveva spinto i Poteri del Nord in una strada senza uscita?
Ovviamente i fumi dell'idromele erano finiti.
E tutti si ricordarono delle insistenze di un dio dalla lingua lunga e mezzo gigante...
E mentre Heimdall iniziò ad affilare la sua spada, Loki iniziò a pensare che forse stavolta l'aveva fatta davvero grossa.

Il seguito al prossimo post!
Asgard nella visione di Jack Kirby da The Mighty Thor della Marvel

Alcune piccole note...
A qualcuno potrà sembrare strano ed empio accusare gli Aesir di avidità come abbiamo detto. Eppure, come dimostra anche la storia di Ottur e del tesoro di Fafnir, l'oro non era all'ultimo posto nelle preferenze di Odino e famiglia.

“Maestro del muro” è il calco dall'espressione che definisce i muratori nel Campidano: “maist'e muru”, così come “su maist'e linna” (“maestro del legname”) è il falegname.

giovedì 4 ottobre 2012

Chiunque tu sia


Zeus, chiunque mai egli sia, se così
è caro a lui l'esser chiamato,
ora io supplico...
Eschilo, Agamennone, Strofe B

mercoledì 3 ottobre 2012

Citazioni citabili - Di cosa parla il mito (M.Eliade)



"Personalmente, la definizione che mi sembra meno inadeguata, perché è la più vasta, è la seguente: il mito narra una storia sacra; riferisce un avvenimento che ha avuto luogo nel Tempo primordiale, il tempo favoloso delle "origini".
In altre parole, il mito narra come, grazie alle gesta degli Esseri soprannaturali, una realtà è venuta ad esistenza, sia che si tratti della realtà totale, il Cosmo, o solamente di un frammento di realtà: un'isola, una specie vegetale, un comportamento umano, un'istituzione.
Il mito quindi è sempre la narrazione di una "creazione": riferisce come una cosa è stata prodotta, ha cominciato ad essere"
(M. Eliade, Mito e realtà, cit. in R. Ellis, Atlantide, Conclusione)