sabato 6 giugno 2009

Remyths - Achille e Ulisse di E. Marica

Narra Omero di Chio che, nei suoi viaggi alla ricerca della rotta per Itaca, Ulisse giunse nelle terre dei morti, situate a occidente dove vivono i Cimmeri. Canta il cieco vate che lì incontrò l’ombra di colui che fu il grande Achille. L’ombra si lamentava della perdita della luce del sole, giungendo a dire che avrebbe preferito essere schiavo sotto la luce del sole che re nella terra dei morti.
Un altro mito, al contrario, narra che, dopo la morte, Achille fu portato sull’Isola dei Beati, e lì regnò sui morti, assieme ad Elena divenuta sua sposa.
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ACHILLE ED ULISSE


- Sei alfine giunto anche tu, Odìsseo!
- Ti saluto, o prode Achille, signore dell’Isola dei Beati. Non fu su questi lidi che ti trovai, all’epoca in cui cercavo l’ombra profetica di Tiresia il Tebano, negli oscuri paesi degli occidentali Cimmeri.

- Ben è vero. Ma i mortali possono molto, sui morti e sugli immortali: il cieco di Chio vide bene, allora, quando narrò i tuoi viaggi e le tue sofferenze, ma (Zeus ti ringrazio!) qualcuno si è già indignato ai tuoi racconti e mi vuole ancora re, quale non fui che per un poco a Ftia. E il mondo buio di Ades si è aperto, e come si vuole là, tale io, qui, sono divenuto.

- Davvero singolare, forte Achille piè veloce! Sappi che nonostante i miei racconti, ora v’è qualcuno che parla male di me, sul ventre di Gaia. Triste: sofferenze per venti anni, un poco di riposo, dover ancora partire per placare l’ira dello Scuotiterra Poseidone, tornare e poi dal mare la morte, come disse Tiresia. Mai pace per Odìsseo, re per poco di Itaca. E gli uomini non tutti mi amano, nonostante ciò.
- Così è, Odìsseo. Il tuo cammino sulla terra fu più lungo del mio e più travagliato. La tua astuzia non ti evitò la sofferenza, ma spesso ne diede!

- Oh!, il vanto mio, l’intelligenza! Tanto dalla mente acuta fu Odìsseo che si inimicò il dio del mare, il potente padre dei Ciclopi, solo perché il mondo sapesse chi avesse accecato Polifemo! Il sagace Odìsseo, che suggerì a Tindareo il modo per risolvere i problemi suoi e spopolare la terra degli Achei e la propria stessa casa! L’intricato Odìsseo, che suggerì come violare le mura di Troia che, con la presunzione di chi prevale sul nemico, dicevamo invitte, quando invece una generazione prima di là entrò Eracle il grande! E perché la gloria nostra fosse, e non oscurata dalla sua, ecco che inventammo la fola che egli era un dio, così da giustificare le sue grandi imprese. Ma il povero Aiace di Salamina spesso narrava che il padre suo Telamone (per Zeus! Un mortale di certo!), fu Telamone ad entrare per primo a Troia, tanto che il divino Eracle, così umanamente geloso, voleva ucciderlo! E se le grandi imprese di Eracle erano dovute alla sua divinità, le nostre piccole, fatte da umani, crescevano! Ma parliamo delle mie vicende, grandi e nuove, disse qualcuno. Le sirene? Le superarono gli Argonauti guidate da un infido seduttore traditore, senza patria come me. Il viaggio agli Inferi? Ma non Cerbero mi fermò il passo, come ad Orfeo e ad Eracle! Circe e Scilla? Sempre secondo fui, dietro al senza-patria Giasone. Troia l’ho detta, forse solo i Ciclopi sono a mia gloria imperitura. Per il resto non fui capace che di essere per sette anni prigioniero di una ninfa gelosa, rovinare i Feaci, devastare il paese dei Ciconi, temere l’oblio dei Lotofagi e perdere tutti i miei compagni.

- E ti par poco, Odìsseo? Ma il tuo parlare mi insospettisce, troppo umile…
- Per nulla, grande Achille! Dopo la morte si riflette, e d’altronde il tuo glorioso nome è ben più elogiato del mio, lassù!
- Tu dici? Ciò è bene. Eppure, in confidenza, se altri non odono, ti dirò ciò che temo.
- Parla, amico: mai si dica che Odìsseo non accetta le confidenze di un amico.

- Allora ti dirò. Io non fui legato dal giuramento di Tindareo, ma andai a Troia per gloria. Fui grande nelle stragi, tanto da disgustare lo Xànto, amai tante donne e non ne ebbi alcuna, venni per espugnare e nulla conquistai. Il duello mio contro Ettore ricordato per sempre? Sì, a gloria del Troiano, che gli dei amavano! Di me si dice, lo temo: “Era invulnerabile, eppure aveva anche le armi di Efesto per lui inutili, e Atena ingannò il figlio di Priamo!” E ancora: "Achille? In quel duello Achille è solo come la mano che uccide il vero eroe e poi lo strazia". Si ama Achille, forse? Si può amare? No: Ettore era l’uomo che combatteva per la patria ma non ama la guerra, che potrebbe nascondersi dietro forti mura dette impenetrabili e così godere di attimi vicino alla moglie amata e all’adorato figlio, speranza di Troia, ma scende in campo perché la città e l’onore lo vogliono, e muore. Per lui pianti finché il sole risplenderà su le sciagure umane, ma dov’è Achille, cieco cantore di Chio? Perché non abbellisti il vero, e mi mostrasti invece furente per uno sgarbo fatto dal re di re, Agamennone di Micene? Dispettoso re contro dispettoso giovane. Mi ritirai offeso come bimbo cui il padre tolga il balocco preferito, e respinsi te e Fenice, giunti alla mia tenda come pacificatori, perché non mi pregavate abbastanza. Achille è furente per la morte di Patroclo, dimentica l’offesa solo perché una più grande gli è stata fatta. Achille si impietosisce di fronte al vecchio Priamo, ricordando un padre visto poco. Achille, l’eroe senza sfumature e incapace di menzogna, tanto da dirti: “Meglio schiavo tra i vivi che re tra i morti!”. Bene, ora sono re tra i morti per davvero, e non mi pento della frase, chè mi accorsi di non aver mai vissuto. Voi mi usaste, Achei, e tu mi dannasti due volte: col giuramento maledetto dei pretendenti di Elena e con l’inganno di Sciro, o Odìsseo! E Achille che odia o ama o null’altro, ora ti odia. E l’odia del re dei morti è terribile, lo scoprirai!

- Strana è la tua favella, Achille: tu scegliesti, ben lo sai. Io... io non scelsi mai, e se la mia mente fu acuta, lo fu solo per generare mali. Fui il più povero re dell’Ellade, re di un'isola di pietre e di nulla più. Fui pretendente di Elena con nessuna speranza: l’ingegno non poteva pagare il donativo al re di Sparta. Ma fu con la mia mente che comprai una sposa al mio livello, Penelope, fedele e salda come la mia terra, non splendida rosa che appassisce nel deserto, e la ebbi ideando il giuramento che tu dici di odiare. Tu mi dici: “Mi facesti lasciare Sciro, ove travestito da femmina facevo una vita indegna e che odiavo”. Mento? Non un attimo esitasti, solo una carezza alla dolce Deidamia, già donna quando altre ancora giocano con i balocchi, e poi via a Troia, a cercare la gloria che chiedesti unita alla breve vita. A te, diedi solo il modo di avere gloria nella vita che scegliesti. Avresti voluto essere schiavo, dicesti agli Inferi: ma a te solo gli dei chiesero cosa volessi fare della tua vita. A me la imposero. Tu hai fatto la vita che hai scelto, solo tua è la colpa se sbagliasti. Ma io? Io volevo la moglie, il duro campo, la quotidiana fatica e gioia dell'educare un figlio... Navigando sul mare color del vino tornai naufrago, trovando lei sì fedele, ma vecchia, un figlio sconosciuto divenuto uomo, un regno prosciugato della ricchezza e di quelli della mia generazione, un popolo diviso. Oh! Achille! E io godetti almeno dei resti? No, lo ripeto: di nuovo in viaggio a cercare ove si ignora l’uso dl remo, per placare lo Scuotiterra. E tornare vecchio, non ritrovare il figlio, fuggito per timore di una profezia, ma trovare la morte. Cercai tanto ed in ogni luogo, Achille, e come tutti i mortali trovai solo la morte. Oh!, tu non fosti mai fatto per filosofare, e con te Chirone riuscì solo nell’insegnamento della lira, ma non vedi l’ironia? Più lottavo e più la morte si ripresentava, ancora più terribile. Fuggivo e mi seguiva. Cercavo di sconfiggerla ed il tempo mi avvicinava ad essa. E ogni volta in più l’angoscia che tutte le lotte erano inutili, che assai più facile sarebbe stato arrendersi subito.

- Non ti comprendo, uomo dai tortuosi pensieri. Non avesti forse vendetta su chi ti trascinò a Troia, vendetta sui Ciclopi, e perfino sullo Scuotiterra, signore dei cavalli, non riuscì ad averti tra i suoi flutti. Sarai ricordato per questo, e non ti compiaci? La morte ed il dolore sono il Fato dei mortali: diverse sono le vie per percorrerlo, ma unica è la meta. E’ vero, rimpiango la vita, ma non la scelta: via breve, ditta, gloriosa, luminosa, faccia a faccia con tutti e su tutti vincitore...
- Meno che sul più vile di tutti!
- Motteggi, Itacense?
- Potrei, di fronte al mio nuovo re per l’eterno? No, volevo solo ricordare quanto più tortuoso di me sia il destino... Lasciamo discorsi inutili, più non contano. Ognuno ebbe ciò che gli toccò, e sarà ricordato per ciò che è stato.

- Questo è certo. E non disperare, Odìsseo: mi hai convinto che nessuna ragione vi è perché io ti odi, come fa e farà in eterno mio cugino Aiace. Disse che non ti aveva parlato allora, nelle terre dei Cimmeri, non per lo sdegno, ma per il timore della tua parola. Ma ormai siamo tutti morti, e le dispute dei vivi sono vane. Io sono il re e vi farò incontrare: e come persuadesti me della falsità del mio odio, così anche lui presto non sarà più irato. E tutti insieme ricorderemo ciò che ci ha resi immortali nella mente degli uomini.
- Così sia. E te ne ringrazio, sire.
- Suvvia, Achille è il mio nome. Sono re, ma tranne che in questo piccolo temporale, l’amicizia di un tempo resta ancora.
- Il mio spirito è gioioso di ciò. Ti omaggio.

(Achille si allontana, e lo spirito di Ulisse ride malizioso)

- La gloria fra gli uomini? In ogni caso siamo morti. E’ vero, modificano il nostro stato, ma non lo faranno per sempre. Presto ci oblieranno, o ci vedranno fissi nel tempo... Ma se il ricordare il passato e la luce del sole bastano a chi non fu altro che un guerriero, questo non è il destino di Odìsseo! La tua forza, la tua velocità, la tua invulnerabilità ormai sono nulla tra i morti, Achille, e solo il vuoto titolo di re ti fa essere felice qui! Ma la mia mente è intatta e salda, e io non sono uno che sta a lungo inattivo. Vi è un regno, effimero quanto vuoi, da prendere, e chissà che non vi sia anche un modo per uscire da qui! Non v’è forse riuscito Orfeo? Le mie parole sapranno essere ben più potenti della sua lira... Orsù, basta! Arrivano Achille, Menelao... e perfino Aiace! Mostra il tuo sorriso migliore, Odìsseo, ed iniziamo a pensare, a progettare, a manipolare... a vivere ancora!

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