martedì 19 maggio 2009

Remyths – E' possibile una riscrittura del mito?


Il mito ambisce a una validità universale.
E’ così anche per i suoi protagonisti?

La definizione di mito che indirizza il lettore verso la “narrazione fantastica, riguardante gli dei, gli eroi e le origini di antichi popoli”, sembra dare per scontata che l’età della composizione del mito sia finita.

Non torneremo sulle teorie dei corsi e ricorsi di Vico per smentire questa deduzione, né ci appelleremo a gruppi di neopagani.
Il nostro pensiero può invece andare all’“Ulisse” di James Joyce, o al Thor di Walter Simonson, o agli scritti di Neil Gaiman sugli dei (specie “American Gods”)... senza passare per il Complesso di Edipo freudiano.
Solo alcuni esempi di opere e riflessioni che dimostrano come il mito, con i suoi archetipi, con le sue figure, possa essere riutilizzato, manipolato, modificato nei suoi elementi senza perdere valore.

Qualcuno obietterà che tali autori hanno, appunto riutilizzato sì il mito, ma senza voler creare avvero nuovi miti. Hanno usato la superficie del racconto, le sue strutture meno superficiali, ma hanno perso di vista l’organizzazione del mondo che il mito vuol dare.

In realtà si tratta di un duplice errore di prospettiva: siamo abituati a pensare all’antichità classica come una sorta di blocco paludato di persone serissime che dovevano tramandare una volta per tutte una loro verità, per quanto ingenua o non più accettabile.
In secondo luogo tendiamo a ritenere che il mito è solo quello classico greco-romano... o di popoli a noi estranei.

Confutare la seconda affermazione è quasi superfluo: l’eclusivismo eurocentrico di derivazione “Impero Romano” è un concetto mitologico tanto assurdo quanto, ahinoi, in realtà radicato alle nostre latitudini. I miti sono nati ovunque, in ogni tempo (nascono anche oggi), e hanno lo stesso valore sia che siano stati descritti da un Cicerone che predicati da uno sciamano di qualche desolata landa siberiana.

Quanto alla prima...
Oltre al fatto che l’idea di un’antichità bigotta e chiusa nella compostezza “classica” è degli autori successivi, e che cattive traduzioni edulcorate hanno tolto al lettore comune tanto della varietà che solo i pochi esperti di storia della lingua possono godere, il concetto del mito “definito una volta per tutte” è un altro preconcetto. Basta leggere i diversi mitografi classici per scoprire quanta differenza si trova non solo in particolari superficiali (un nome diverso dall’altro, un ordine invertito di episodi), ma nell’essenza stessa della narrazione del mito.

Nella stessa Grecia classica vi erano diverse spiegazioni dell’origine del mondo (il mito orfico, quello olimpico, quello omerico…) e benché ci fossero ovviamente polemiche e affermazioni di esclusiva verità, nessuno si sarebbe sognato di “appropriarsi” di una struttura o di un personaggio mitico in esclusiva.

Il mito è originariamente ed essenzialmente un racconto orale, e come ogni racconto è suscettibile di modifiche. Il mito classico stesso fu vivo e vitale proprio perché ispirava continue modifiche, nuove versioni, variazioni.

Il compito di questa rubrica è quindi quello di proporre dei “remyths”, dei “remix di miti” che, senza pretesa di fare alta letteratura o di dare nuove interpretazioni del mondo,
si ponga sulla scia degli antichi mitografi greci e latini (ma anche di ogni altra parte del mondo) per giocare con eroi e dei, e proporre qualcosa di nuovo nell’infinita costanza dei personaggi e delle tematiche del mito.

Ma non lasciateci soli in questo delirio compositivo...
Attendiamo i vostri remyths!

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