domenica 31 maggio 2009

REMYTHS - Titone di E. Marica

Narra Omero che Eos, l’Aurora, innamoratasi del bellissimo principe troiano Titone, lo rapì e lo volle sposare. Presa dall’amore, la dea chiese a Zeus l’immortalità per l'amato, e il cupotonante signore dell’Olimpo gliela concesse. Ma Eos dimenticò di chiedere per lui anche l’eterna giovinezza. Così, mentre l’Aurora dalle dita rosate rimaneva perennemente uguale, Titone invecchiò sempre di più senza poter morire, rattrappendosi e raggrinzendosi, fino a dover essere messo, come un bambino, in un cestino di vimini. Alla fine Eos lo tramutò in cicala.
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TITONE

"... Ed Eracle eresse le sue colonne
Per segnalare il limite
Oltre il quale i mortali non andassero..."


Errarono poeti e prosatori, il vecchio di Chio per una volta fu cieco anche con la mente. Empi, empi coloro che in tutta l’Ellade vagano cantando gli dei come immortali sì, potenti sì, ma uomini dentro. Stolti! Non ha forse Zeus padre inghiottito la titanide Metis, la prudenza? Non è Atena Vergine la più saggia creatura d’ogni dove?

E allora anche voi mortali capirete che l’assurda Mània, la follia, prese coloro che dicono falsità: tali sono amori adulterini, lazzi, risa, crudeltà degli Olimpi sommi. E falso è ciò che si narra della storia mia.

Eos rododactila mi vide, mi volle e mi prese. L’amore divino mi investì con la luce sua: quale mortale può, infatti, resistere al fascino e alla splendente potenza di una dea innamorata?

Ci unimmo, notte dopo notte, sull’aurea coppa che l’amante mia ed il fratello suo Helios, che tutto vede, riporta dall’estremo Occidente al paese degli Etìopi. Notti dopo notti l’amore, ma anche la paura e la maledizione di Chronos che mi attanagliava, ed il vigore della giovinezza che spariva, lento ma inesorabile come i granelli di sabbia della grande clessidra del padre di Tonante. Eos, dal mantello color del croco, a lungo osservò sconcertata ciò che non capiva, perché estraneo alla sua natura di immortale sempre giovane. Oh!, Omero falso, l’avessi vista allora! Avresti capito che uomini e dei sono diversi fuori e nell’animo, che sangue ed icore non si mescolano mai! L’immortalità è un sorso diluito di acqua del Lete: giorno dopo giorno, alba dopo alba, goccia dopo goccia, fa scordare che ci possa essere altro che l’eterno.

Ma gli dei non sono stolti.

Eos mi amò, un tempo? Non so. Dei e uomini mortali sono differenti nel pensare e l’amore è diverso per loro: amore non è soffrire, amore non è la tensione all’amato, che sola dà sapore all’attimo in cui lo si raggiunge. Essi possono, essi hanno: la brama è d’un istante, poi è appagata. Chi parlò di Dafne e di Castalia mai non vide il fulgore di Febo Apollo, e solo Idas l’orgoglioso bugiardo poteva affermare che Marpessa preferì lui al dio: chi raccoglie le briciole della tavola del sazio non sempre ammette d’aver mendicato.

Ah! Fulgente poco meno di Febo, eppure amante anch’ella, Eos! E potente, e gelosa! Voleva, aveva e lasciava, eppure non dava le briciole neppure ai cani, e ben lo sa Procri. Divina, ella non accettava che gli amanti suoi li rubasse alcuno, foss’anche il filo spezzato di Atropo, l’inevitabile.

Zeus tonante l’udì, e accettò di dar l’ambrosia a me pure, figlio di re ma mortale anch’io. E le mie membra tornarono forti e vigorose, e le notti d’amore lunghe e gaudiose come quelle d’un tempo. Mortali invidiosi, i poeti, che mutano il vero con tortuose menti per fini da poco, dissero che ella scordò di dare a me, l’amato, giovinezza eterna, e ch’io restai preda di Ghèras, l’orrida vecchiaia, della nera Notte figlia. Sciocchi empi! Tali cose avrebbe potuto scordare il primo fra gli Olimpi? O se anche fosse stato, è tanto debole Zeus Salvatore da non poter restituire la gioventù in seguito? Ciò che si recita fatto da una strega barbara nipote d’Iperione (e tutti gli adoranti di Ovidio lo credono) è impossibile al sommo padre?

No, erraste, voi tutti mortali. Ciò che tanto affascinò pittori e scultori è solo filosofica apparenza e sciocco insegnamento morale costruito su tristi menzogne. Fui e sono giovane.

D’aspetto almeno.

Ma oggi Momo ha sussurrato nel mio orecchio un dubbio: che nella mia mente io sia tale e quale mi descrissero i mortali, vecchio e grinzoso. Mi sussurra che un poeta non coglie l’aspetto, ma la sostanza, che il pittore oltre un singolo volto ritrae l’assoluto. Che l’uomo non è fatto per l’immortalità, che la sua mente si ferma ad un certo punto, esita, si volta, si gira su sé stessa, si chiude.

Vecchia.

E che Thanatos è la pietà degli dei e la salvezza dell’uomo.

Ma io non credo ai suoi beffardi sussurri, non voglio crederci. Un uomo non può amare una prigione per quanto essa sia splendida, non può desiderarla al punto da rinnegare sé stesso. E l’Olimpo non è per me prigione, e avere l’immortalità, ciò che ogni uomo brama, è sufficiente ricompensa per un amore. E se Eos non viene più a trovarmi, chè il non avere più rivali fece scemare la sua brama, io la attendo sempre.

Ho l’eternità per farlo.

martedì 19 maggio 2009

Remyths – E' possibile una riscrittura del mito?


Il mito ambisce a una validità universale.
E’ così anche per i suoi protagonisti?

La definizione di mito che indirizza il lettore verso la “narrazione fantastica, riguardante gli dei, gli eroi e le origini di antichi popoli”, sembra dare per scontata che l’età della composizione del mito sia finita.

Non torneremo sulle teorie dei corsi e ricorsi di Vico per smentire questa deduzione, né ci appelleremo a gruppi di neopagani.
Il nostro pensiero può invece andare all’“Ulisse” di James Joyce, o al Thor di Walter Simonson, o agli scritti di Neil Gaiman sugli dei (specie “American Gods”)... senza passare per il Complesso di Edipo freudiano.
Solo alcuni esempi di opere e riflessioni che dimostrano come il mito, con i suoi archetipi, con le sue figure, possa essere riutilizzato, manipolato, modificato nei suoi elementi senza perdere valore.

Qualcuno obietterà che tali autori hanno, appunto riutilizzato sì il mito, ma senza voler creare avvero nuovi miti. Hanno usato la superficie del racconto, le sue strutture meno superficiali, ma hanno perso di vista l’organizzazione del mondo che il mito vuol dare.

In realtà si tratta di un duplice errore di prospettiva: siamo abituati a pensare all’antichità classica come una sorta di blocco paludato di persone serissime che dovevano tramandare una volta per tutte una loro verità, per quanto ingenua o non più accettabile.
In secondo luogo tendiamo a ritenere che il mito è solo quello classico greco-romano... o di popoli a noi estranei.

Confutare la seconda affermazione è quasi superfluo: l’eclusivismo eurocentrico di derivazione “Impero Romano” è un concetto mitologico tanto assurdo quanto, ahinoi, in realtà radicato alle nostre latitudini. I miti sono nati ovunque, in ogni tempo (nascono anche oggi), e hanno lo stesso valore sia che siano stati descritti da un Cicerone che predicati da uno sciamano di qualche desolata landa siberiana.

Quanto alla prima...
Oltre al fatto che l’idea di un’antichità bigotta e chiusa nella compostezza “classica” è degli autori successivi, e che cattive traduzioni edulcorate hanno tolto al lettore comune tanto della varietà che solo i pochi esperti di storia della lingua possono godere, il concetto del mito “definito una volta per tutte” è un altro preconcetto. Basta leggere i diversi mitografi classici per scoprire quanta differenza si trova non solo in particolari superficiali (un nome diverso dall’altro, un ordine invertito di episodi), ma nell’essenza stessa della narrazione del mito.

Nella stessa Grecia classica vi erano diverse spiegazioni dell’origine del mondo (il mito orfico, quello olimpico, quello omerico…) e benché ci fossero ovviamente polemiche e affermazioni di esclusiva verità, nessuno si sarebbe sognato di “appropriarsi” di una struttura o di un personaggio mitico in esclusiva.

Il mito è originariamente ed essenzialmente un racconto orale, e come ogni racconto è suscettibile di modifiche. Il mito classico stesso fu vivo e vitale proprio perché ispirava continue modifiche, nuove versioni, variazioni.

Il compito di questa rubrica è quindi quello di proporre dei “remyths”, dei “remix di miti” che, senza pretesa di fare alta letteratura o di dare nuove interpretazioni del mondo,
si ponga sulla scia degli antichi mitografi greci e latini (ma anche di ogni altra parte del mondo) per giocare con eroi e dei, e proporre qualcosa di nuovo nell’infinita costanza dei personaggi e delle tematiche del mito.

Ma non lasciateci soli in questo delirio compositivo...
Attendiamo i vostri remyths!

venerdì 15 maggio 2009

Tutti figli di Evemero - Le domande del Dottor Asimov 3

Anche "L'ultima domanda" (apparso in Italia nell'antologia "Il Meglio di Asimov", Mondadori), è un perfetto racconto di uno dei maestri della Science Fiction classica. In esso appare ancora una volta il taglio evemerista che Asimov dà all’interpretazione di quelli che sono specificamente argomenti mitologici.

(ATTENZIONE SPOILER! Rivelerò il finale di questo racconto... che è l’elemento chiave dell’efficacia del racconto stesso! Quindi in questo caso procuratevi ASSOLUTAMENTE il racconto, leggetelo, gustatevelo, e poi tornate qui!)

Ne “L’ultima domanda” Asimov affronta i due problemi scientifici fondamentali: la causa prima e l’effetto ultimo.
Ovvero, per dirla col linguaggio del mito: la nascita del mondo e la sua fine.

La trama è semplice: l’umanità si evolve, e con essa i supercomputer che dell’umanità si occupano.
L’uomo cambia, ma ha sempre la stessa paura di base, ovvero quella della morte, e si rivolge ai sempre più perfezionati computer (multiVac, microVac collegato ai AC Planetari, AC galattico, AC Universale, AC Cosmico e infine solo AC) facendo sempre la stessa domanda: “E’ possibile invertire l’Entropia?”.
Ovvero, tradotto in termini non scientifici... “La morte fisica è la fine di tutto?”

I computer non rispondono mai che è impossibile (come invece direbbe la scienza classica), che “fumo e cenere non possono tornare ad essere alberi”. Lo scetticismo, la paura, così come il sogno (= il mito), sono lasciati agli umani. Ogni computer (= la scienza) ha semplicemente dati insufficienti per rispondere, o non ha ancora avuto modo di incrociare tutti i dati.

Ma alla fine del non-tempo (con l’entropia dell’Universo il tempo cessa di esistere…) il lavoro è compiuto. La stessa esistenza di AC è stata legata solo all’ultimo compito, rispondere a quell’ultima domanda fatta dai creatori di AC... che con lui si sono fusi alla fine dei tempi.

Così, quando AC è pronto a dare la risposta…

(Dalla traduzione di Hilja Brinis) “...ormai non c’era nessuno cui AC potesse forire la risposta all’ultima domanda. Pazienza! La risposta – per dimostrazione – avrebbe provveduto anche a questo.
Per un altro intervallo senza tempo, AC pensò al modo migliore per riuscirci. Con cura, AC organizzò il programma.
La coscienza di AC abbracciò tutto quello che un tempo era stato un Universo e meditò sopra quello che adesso era Caos. Un passo alla volta, così bisognava procedere.
LA LUCE SIA! disse AC.
E la luce fu...”

Insomma: la logica di Evemero non finisce neppure nella creazione.

C’è un ottimismo di fondo nelle possibilità della scienza nel Buon Dottore e in tutti i suoi fratelli in Evemero.
Ma questo ottimismo non nasconde che, se anche vogliamo sperare che oltre la prima e l’ultima soglia ci sia qualcosa, solo i sacerdoti della Razionale e Onnipotente Dea Scienza ce lo possono garantire.

E, visto quello che in nome della scienza “neutra e razionale” viene fatto, non sempre questa prospettiva sembra migliore dei vaticini “mitici e irrazionali” di un qualsiasi oracolo.

mercoledì 13 maggio 2009

Tutti figli di Evemero - Le domande del Dottor Asimov 2

Abbiamo detto che forse il più “classico” della Fantascienza della Golden Age, ovvero Isaac Asimov, ha un approccio evemeristico al mito.
Cercheremo di provare questa affermazione esaminando uno dei suoi capolavori.

(ATTENZIONE SPOILER! Rivelerò il finale di questo racconto... che è probabilmente l’elemento chiave per l’efficacia del racconto stesso)

Non si può negare che il racconto più famoso di Asimov (poi divenuto un romanzo scritto in collaborazione con Silverberg) sia “Nightfall \ Notturno”, che dietro una trama difficilmente imitabile nasconde alcuni stilemi mitici chiarissimi.
Non ci credete? Cercherò di spiegarmi meglio...

La vicenda si svolge su un pianeta dominato dalla luce di sei soli. La situazione è tale che non c’è mai buio, ma solo variazioni di luce, perché almeno un sole brilla sempre nel cielo. Ma rivedendo l’equivalente della teoria newtoniana della Gravitazione Universale, gli scienziati trovano un’anomalia, spiegabile solo con la presenza di un corpo oscuro... un corpo che è destinato a creare un’eclissi e a portare il buio sul pianeta per la prima volta dopo millenni.

Nel frattempo veniamo a sapere si scavi archeologici che rivelano come la civiltà attuale sul pianeta sia non la prima e unica, ma quella successiva a una catastrofe (provocata dalle creature stesse del pianeta) avvenuta... proprio all’epoca in cui, secondo i calcoli, era avvenuta l’ultima eclissi.
E una strana setta va predicando che il mondo sta per finire tra buio e fuoco, e il pianeta vedrà le misteriose stelle.

Non stiamo qui a dare nel dettaglio la preparazione della apocalittica conclusione, con la follia di chi non ha mai visto il buio e cerca in tutti i modi di fare luce: questa catastrofe darà il via alla rinascita di una nuova civiltà.

Quello che ci interessa è la tecnica evemeristica di trattare ciò che è mito per gli abitanti del pianeta. Il mito è irrazionale, quindi le stelle non esistono. Non esiste il buio naturale all’aperto, quindi i racconti che ne parlano sono solo storie per spaventare i bambini. Prima di “noi” non è esistita nessun’altra civiltà, quindi chi ne parla crea dei miti.
Vi sembrano idee già sentite altrove? Ovvio.

Eppure Asimov, nella sua ferrea adesione alla realtà della scienza, priva di fondamento ogni mito che non sia interpretabile in chiave evemeristica: il buio esiste, ma è prevedibile scientificamente; ed è un fatto “scientifico” che si ripeta (e il quando e il come siano prevedibili = riproducibili = inseribili razionalmente nelle leggi delle scienze “dure”); le antiche civiltà scomparse riemergono grazie all’archeologia.

Insomma: Asimov usa argomenti propri del mito (le origini della civiltà; la struttura dell’Universo; la “fine del mondo”; il ritorno ciclico delle ere) ma solo per negare che il mito stesso abbia un fondamento che non sia umano, razionale, scientifico.
Banale.
La più pura essenza dell’evemerismo, appunto.

lunedì 11 maggio 2009

Tutti figli di Evemero - Le domande del Dottor Asimov 1


Ci siamo detti che l’ipotesi ufologica è solo l’ultima delle variazioni cui ha portato la logica dell’evemerismo, ovvero dell’interpretazione razionalistica che vede l’origine dei miti nel ricordo deformato di imprese “umanamente e scientificamente” possibili, compiute da esseri umani.

Ovviamente l’ipotesi UFO non può che farci venire in mente la SF (Science Fiction).
Essa, talvolta con veri accenti “mitici” (vedi la saga di Ilium di Dan Simmons che pesca dalla Guerra di Troia), talvolta con un razionalismo fantastico, riserva non poche sorprese agli appassionati del mito.

L’opera di Isaac Asimov è, apparentemente, quanto di più lontano esista dal mito: scienziato e divulgatore di “scienza pura” (e dura: era PhD in chimica), Asimov ha sviluppato negli anni uno stile di scrittura che ha portato i suoi racconti e romanzi sempre più spesso nel regno dichiarato del mystery classico… ovvero il “giallo” alla Sherlock Holmes, per intenderci.

Tutto era razionale, scientifico, spiegabile e riproducibile. Certo, magari basandosi su oggetti e concetti non ancora utilizzabili dall’uomo di oggi, ma per Asimov l’irrazionale non trovava spazio.


Eppure neanche il buon dottore poteva sfuggire all’episodio, all’argomento, all’idea del mito.
E lo faceva talvolta pescando dal sostrato culturale Yiddish (la sua famiglia era emigrata dalla Russia negli USA): se proprio non vogliamo riprendere l’ormai classica relazione di discendenza tra il Golem e gli amati robot Asimoviani, se non vogliamo disquisire della “percezione” che gli abitanti della Galassia hanno su quello che possiamo chiamare il “mito” della Seconda Fondazione, possiamo leggere con “occhio mitico” alcuni dei suoi racconti più celebri e vedere cosa si può trovare.

Se avrete pazienza nei prossimi post cercheremo insieme.

mercoledì 6 maggio 2009

Sitchin aveva ragione \ Tutti figli di Evemero – L’UFO evemerista


Doppio titolo per questo post.
Di Evemero (e dei suoi metaforici figli) abbiamo già detto che sostiene l’origine umana di tutti gli dei: essi sarebbero stati solo sovrani e uomini eccezionali che avevano portato epocali miglioramenti (o peggioramenti) alle vicende dei loro popoli, e che, dopo la morte, per le loro imprese straordinarie furono considerati creature superiori.
Di Zecharia Sitchin e di tutti coloro che seguono la teoria ufologia applicata ai miti, abbiamo ugualmente parlato: secondo loro, i miti antichi non sarebbero che la narrazione deformata del ricordo di un intervento tra gli uomini di creature aliene. Gli extraterrestri erano tanto scientificamente superiori che, agli occhi dei popoli “primitivi”, le loro azioni non potevano sembrare altro che frutto di magia o di poteri divini.

A questo punto vi chiederete: perché accostare la “famiglia” di Evemero a Zecharia Sitchin e agli altri sostenitori dell’origine-UFO dei miti?

Semplice: a nostro giudizio, la teoria ufologia non è altro che la versione moderna dell’evemerismo. Ciò che sembrerebbe inspiegabile da un punto di vista razionale, ovvero la “fede” in avvenimenti “miracolosi”, viene spiegato in riferimento ad un altro sistema fideistico: quello della fede nella scienza.

Il presupposto dell’evemerismo e dell’ufologia mitica è lo stesso: ciò che appariva miracoloso (= “irrazionale”) all’uomo antico (o all’ignorante\ingenuo moderno) non è falso.
È stato solo “poco capito” o “giudicato impossibile”, ma invece è perfettamente spiegabile con i canoni della scienza attuale… o futura.

Gli UFO, per quasi tutti i loro sostenitori (sottolineiamo il “quasi”, visto che esistono svariate correnti di “mistica aliena”), più che un aspetto “divino”, presentano un aspetto scientifico, e quindi accettabile razionalmente... anche se si fa riferimento a presupposti postulati ma non confermati, come il viaggio oltre la velocità della luce.

Ma se il presupposto è la scienza, cioè ciò che è raggiungibile con le semplici forze intellettuali (anche) umane senza dover per forza cercare un appiglio in ciò che è “sovrumano”, quale sarebbe la differenza strutturale con le teorie di Evemero?

A nostro giudizio, nessuna.


Il vero paradosso dell’interpretazione ufologia del mito è però questo: per spiegare “razionalmente” e “scientificamente” il mito antico, si deve far riferimento alla più grande creazione mitica (= “irrazionale scientificamente”) moderna.
La teoria degli UFO, appunto.

lunedì 4 maggio 2009

Tutti figli di Evemero - Da uomini a dei senza passare per l’immortalità



Chi è quel gran precursore di tanti dotti odierni chiamato Evemero?

Evemero da Messina (Messina ca. 330 a.C. - Alessandria d'Egitto ca. 250 a.C.) fu uno storico greco di età ellenistica. Della sua opera principale "Hierà anagraphé" ("sacro resoconto") sono giunti solo frammenti citati da autori successivi.
L’opera conteneva la teoria (appunto, in seguito chiamata “Evemerismo”) che rappresenta un tentativo di razionalizzazione del mito: gli antichi dei non sarebbero altro che sovrani o uomini di genio dell’antichità, considerati dei dopo la loro morte.
Probabilmente a questa teoria non era estranea una vena di compiacenza verso i sovrani ellenistici dell’epoca, per i quali lo storico scriveva: attraverso la pretesa di veridicità storica, Evemero dava legittimazione teorica alla concezione orientale del culto divino tributato ai sovrani (ovvero: sei un sovrano? Alla tua morte sarai dio anche tu, come è avvenuto per un Crono o uno Zeus!).
La sua teoria ebbe inizialmente poco seguito, ma in assenza di sintesi elaborate dai suoi predecessori, la spiegazione allegorica evemeristica restò a lungo l’unica sistematizzazione sull'origine degli dei fino al sorgere del Metodo Comparativo nella storia delle religioni (XVIII secolo).
Alcuni apologisti cristiani (ad esempio Cipriano, Arnobio, Lattanzio, Eusebio) si basarono sull’Evemerismo per confutare la natura degli dei pagani. Per una sorta di “vendetta poetica” David Hume e gli illuministi si basarono proprio sull’evemerismo per screditare il Cristianesimo.

Nei nostri post che compariranno sotto il titolo “Tutti figli di Evemero”, quindi, riprenderanno l’idea di Evemero e presenteranno le teorie di chi, sotto il velo della narrazione mitica, vede veri avvenimenti storici compiuti da esseri umani.
Uomini non dotati di poteri e caratteristiche divine, ma semplicemente più abili dei loro contemporanei o autori di imprese (comunque umane) in grado di restare impresse nella memoria delle generazioni successive come straordinarie.

Come non ricordare che il cinese Yu, fondatore della prima leggendaria dinastia Xia aveva insegnato agli uomini a costruire i canali, carri, barche, dighe e ponti, e quindi è un perfetto esempio di “eroe culturale”?
O, a un livello successivo, è necessario citare Imhothep, visir e architetto di Djoser, faraone della Terza Dinastia per cui progettò la piramide omonima a Saqqara, che dopo la morte fu onorato come dio della medicina… e dell’architettura, naturalmente!

L’evemerismo toglie un po’ di poesia al mito… e un bel po’ di “magia”, se non rischiassimo di fare confusione usando questo termine. Ma ha il suo fascino e insospettabili sviluppi moderni.

Presto vi diremo di più.

venerdì 1 maggio 2009

Sitchin aveva ragione – Il Mito dell’UFO


Le narrazioni sugli UFO hanno da sempre mostrato tutte le caratteristiche del mito.

Direte: che c’entrano gli omini verdi (o grigi o rettiloidi o francesi a seconda delle diverse teorie) con Odino, Coyote dei nativi Americani, Noè, Artù, Eracle?

Più di quanto immaginiate, naturalmente!

Come sempre dobbiamo guardare la struttura delle narrazioni relative agli UFO, alla ricerca dell’ “episodio mitico”, non disquisendo di verità o menzogna della narrazione stessa.

Cosa sono gli UFO, secondo alcune delle teorie più diffuse dai loro studiosi\adepti? Fondamentalmente creature superiori all’uomo (per tecnologia o spiritualità) che vengono sulla Terra e

a) creano la razza umana (mito delle origini)

b) forniscono oggetti altrimenti inspiegabili alla razza umana o fondano la civiltà stessa (mito della fondazione della cultura)

c) distruggono civiltà come quella di Atlantide (miti del diluvio)

c) un giorno torneranno (mito escatologico)

d) forse ci ammetteranno in una “Federazione galattica” quando avremo raggiunto un “superiore livello di coscienza” (mito del passaggio dall’uomo al dio).

Anche Odino ha creato la razza umana assieme a Hoenir e Lodurr a partire da un frassino e un olmo; anche Coyote aveva portato il fuoco agli Ute; Noè si salva dal Diluvio; Artù tornerà da Avalon se la Britannia avrà ancora bisogno di lui… Ed Eracle da uomo divenne dio (per quanto eccezionale e di origine semidivina Eracle era pur sempre un uomo).

Stupefacente, eh?

Alcuni sostenitori della teoria ufologia, tra cui Zecharia Sitchin, si sono spinti ancora più oltre: per loro non c’è solo una narrazione “mitica” dell’intervento degli UFO sul nostro pianeta, ma in realtà quasi tutti i miti (e, per alcuni, le vicende degli angeli e la vita del Cristo stesso) non sarebbero altro che la trasposizione della “verità storica” di questi interventi.

E ancora più oltre: i nomi degli dei non sarebbero altro che i nomi reali (non simbolici) delle creature venute dallo spazio.

Come sempre non ci sbilanceremo a dire che tali teorie siano vere e false.

A noi basta sapere che dietro la narrazione e le teorie sugli UFO si nasconde la solita “esigenza mitica” di spiegazione da parte dell’umanità.

Essa, naturalmente, si traduce in forme narrative simili in diversi luoghi del mondo e in diversi tempi, adattandosi in superficie ma non modificando le esigenze e le strutture profonde.

Quello che faremo in questa rubrica che ogni tanto apparirà, sarà cercare di giocare d’anticipo (o talvolta di rimessa) su Sitchin e i suoi.

In questi post daremo come assunto che in effetti tutti i miti mondiali siano la trasposizione più o meno fedele delle visite e degli interventi di creature provenienti dallo spazio, e quindi daremo conto delle interpretazioni fatte da altri (gioco di rimessa)… o azzarderemo a nostra volta nuove interpretazioni o nuove inclusioni (gioco d’anticipo) in questo grande affresco mitologico che è la spiegazione UFOlogica.